Ebbene. Vediamo dunque cosa dice Deleuze di Bacon.
"C’è infatti una comunanza delle arti, un problema comune. Nell’arte, in pittura come in musica, non si tratta di riprodurre o inventare delle forme, bensì di captare delle forze. E’ per questa ragione che nessuna arte è figurativa. La celebre formula di Klee “non rendere il visibile, ma rendere visibile” non significa nient’altro che questo. Il compito della pittura si definisce come il tentativo di rendere visibili delle forze che non lo sono. Allo stesso modo la musica si sforza di rendere sonore forze che non lo sono. E’ evidente."
Vediamo ora cosa dice Claudienko.
Tutto sommato l’indicibile è il tema di fondo di tutte le arti e gli artisti son coloro che dichiarano l’indicibile.
Primi fra tutti i poeti che sono gli eroi più ostinati, quelli che prendono il fallimento di petto. Quelli che l’indicibile lo vogliono proprio dire.
Mentre forse i pittori lo vogliono far vedere, i musicisti pensano che lo si possa ascoltare e gli attori sono convinti che lo si possa far provare, che lo si possa sentire, che se ne possa comunicare un’esperienza fisica ed emotiva.
Proseguiamo con Deleuze-Bacon.
La forza è in stretto rapporto con la sensazione: è necessario che una forza si eserciti su un corpo, cioè su un punto determinato dell’onda, perché vi sia sensazione.
… la musica deve rendere sonore forze non sonore e la pittura visibili forze invisibili. Talora si tratta della medesima forza: il tempo.
Claudienko.
"Portare lo spettatore in un altro tempo" (Oida), significa metterlo in condizione di percepire il tempo in maniera differente.
Le forze, dunque.
Ecco la relazione tra processo e prodotto.
Ci sono due possibilità di azione : un agire produttivo (poiesis) ed un agire pratico (praxis).
Poiesis è un’azione finalizzata ad un prodotto, prodotto che comincia ad esistere solo al termine dell’azione. Mentre il fine della praxis è l’azione in se. E’ il processo.
E’ dunque il terreno della praxis il più adatto alla cattura delle forze. Il terreno dell’indagine, quello dell’esplorazione.
Invece il “prodotto” (poiesis) tende a fissarsi, tende all’immobilità della cosa morta.
Bisogna cercare di portare il terreno accidentato e pericoloso della praxis oltre la “prima” replica. Rivedere ed abbattere, dunque, il concetto di replica. Resuscitare la morta replica grazie alla “cattura delle forze”, forze che non vanno appese al muro come trofei, ma lasciate libere non appena catturate.
Bisogna però fare attenzione a non confondere praxis con la fase preparatoria che porta alla realizzazione del prodotto.
Praxis non sono le "prove" che portano allo spettacolo "finito", ma è uno spettacolo "infinito", un diverso concetto di prodotto.
V.C.