Epigoni
Questo è quasi un quiz.
Guardate questa foto.
Ah quante cose da considerare. Foto di gruppo no? Tutti solidali? Chi sono? Cosa fa ciascuno di loro?
Risponde l'amico Matteo:
Caro Claudio,
ho visitato più volte il blog, per il quale mi complimento col Maestro Claudienko.
Oserei chiedere al Maestro qualche indicazione su testi da leggere, in particolare se ha riferimenti per Vachtangov.
Potrebbe essere interessante una pagina “biblioteca”.
Sull’epigono, ok, Cechov che legge il Gabbiano all’ensemble di Mosca.
Solidali, non credo.
Qualcuno si occupa di stare in posa, qualcuno recita, qualcuno non sa cosa accade.
Mi colpisce Cechov, mi sembra l’unico che fa quello che sta facendo.
Stanislavski mi sembra immaginarsi quello che vuole lui, non quello che sta leggendo Cechov.
Non a caso legge, non ascolta.
Matteo
Caro amico Matteo,
posso dire che è tutto giusto quel che dici, ma vorrei suggerire che questa è foto di posa, dunque tutti sono in posa. Interessante notare che grado di “naturalismo” ciascuno mette nel posare.
Ma c’è uno che sembra proprio non interessare un fico secco e pensa a cose sue importanti.
Ma ora pubblico resto di tuo contributo che fa bene leggerlo!
La prima de Il gabbiano il 17 ottobre 1896 al Teatro Alexandrinskijdi Pietroburgo fu un disastro e fu fischiata dal pubblico.
Vera Komissarzhevkaya, che alcuni consideravano la migliore attrice di Russia e che, secondo Čechov, aveva commosso il pubblico fino alle lacrime durante le prove, fu intimidita dal pubblico ostile e perse la voce.
Il giorno seguente, Čechov, che si era rifugiato dietro le quinte durante gli ultimi due atti, annunciò a Suvorin di aver chiuso con la drammaturgia.
Quando dei sostenitori gli assicurarono che le rappresentazioni successive avevano avuto più successo, Čechov credette che essi volessero solo essere gentili con lui.
Il gabbiano comunque colpì il drammaturgo Nemirovich-Dancenko, il quale disse che Čechov avrebbe dovuto vincere il premio Griboyedev al suo posto quell’anno.
Fu Nemirovich-Danchenko che convinse Stanislavskij a dirigere il dramma per l’innovativo Teatro d'Arte di Mosca nel 1898.
La collaborazione di Čechov con Stanislavskij si dimostrò cruciale per lo sviluppo creativo di entrambi. L’attenzione di Stanislavskij per il realismo psicologico e per il corpo recitante esaltava le sottigliezze del dramma e fece rivivere l’interesse di Čechov per la scrittura di scena, mentre la riluttanza di Čechov a spiegare o espandere il testo costringevano Stanislavskij a scavare sotto la superficie del testo in modi che erano del tutto nuovi in teatro.
Sprattutto
molto importante quel che segue (molto gustoso!)
.
«Tu dici che il pubblico piange ai miei lavori. Altri mi hanno rivelato la stessa cosa. Ma io non li ho scritti per ottenere questo risultato. La colpa è di Alexeiev (Stanislavskij) il quale trasforma i miei “caratteri” in bambini piagnucolosi. Io volevo dire onestamente alla gente: – Date uno sguardo a voi stessi e vedete come grame e desolate sono le vostre esistenze! – L’importante per me è che la gente si rende conto di ciò, perché, quando lo faccia, riuscirà poi a crearsi un altro e migliore modo di vita. Io non vivrò abbastanza per vederlo, ma so che esso sarà completamente diverso dal nostro. E finché questo differente modo di vita non sia per diventare una realtà, io continuerò a dire alla gente: Per favore, rendetevi conto che la vostra esistenza è grama e desolata! – Non mi pare che ci sia motivo di piangere per questo». (da una lettera di Cechov a Alessandro Tikhonov)
Ecco un pensierino sulla foto.
E’ foto di posa.
Si sono sistemati in modo tale che nessuno venga coperto da qualcun altro.
La foto ritrae una situazione allora “canonica”. L’autore legge ad alta voce il suo testo alla compagnia che dovrà rappresentarlo.
Naturalmente il regista è il più prossimo all’autore. Appiccicato. Quasi un corpo con due teste.
Questo è ciò che il teatro di regia da Stanislavskij in poi ha sempre avuto come utopica ed agognata meta.
Un corpo con due teste, o meglio due corpi con una testa sola.
Ho sentito dire che, seppur estremamente raro, il primo caso si può verificare, ma mai ho sentito dire del secondo.
Si tratta comunque, in entrambi i casi di orride bizzarrìe della natura.
E qui abbiamo da citare il primo dei non-epigoni di Stanislavskij.
Evgenij Vachtangov il quale parla in maniera pressochè esplicita di riscrittura:
"L’attore sarà pronto quando sarà in grado di riscrivere la propria parte con le proprie parole".
E’ il rovesciamento del concetto di reviviscenza Stanislavskiana!
Ma torniamo alla foto.
Possiamo dire che tutte le persone presenti si dividono in due grandi gruppi. Quelli che fan finta di ascoltare con gli occhi sul copione ( sicuramente 2, 9, 3, 4 e 11) e quelli che fan finta di ascoltare con gli occhi nel vuoto ( 5, 6, 7, 12 e 13).
Alcuni non hanno saputo scegliere con decisione (1 e 8).
Merita qualche cenno il n.7. Sembrerebbe essere l’unico che agisce qualcosa di concreto. E’ un attore attempato, sicuramente appartenente ad un’altra generazione. Mentre ascolta Cechov e si accarezza il pizzetto non può fare a meno di sentire nella sua mente il giusto tono di ogni battuta. Non può fare a meno di cercar di capire quale sarà la sua parte e di ascoltar se stesso mentre la recita.
Comunque c’è qualcuno che sembra davvero esser troppo assorto in altri pensieri per occuparsi del teatrino naturalistico allestito per la foto, sembra addirittura contrariato.
Fosse un cenacolo potrebbe essere Giuda, fosse il senato romano potrebbe essere Catilina.
E’ il n. 14.
E’ Mejerchol’d.
Un grande non-epigono.
Sono un guaio gli epigoni.
Chi intende di portare avanti (senza tradire) la via indicata dal maestro non può che farlo in tono minore.
Chi, tradendo, onora il maestro, forse sta percorrendo una via nuova.
Chi sputa sul maestro ha da risolvere dei problemi con se stesso.
Chi dice di non avere maestri, o mente o è un cretino.
V.Claudienko