Quando il recensore cede al torbido piacere della distruzione
Quando il recensore cede al torbido piacere della distruzione, sarà forse per via della forma che generalmente adotta, ma è come se trasparisse, al di là delle sue intenzioni, un che di personale.
Il lettore dabbene, di fronte a cotanta scomposta furia, non può che pensare: "Beh, non sarà proprio così, deve avercela personalmente con quel povero artista!"
(Questa, a mio avviso, è la prova che con la violenza di certe perdite dell'intelletto, si ottiene facilmente l'effetto contrario).
Ma cerchiamo di capire perché si verificail fenomeno del commettere e gustare violenza. Possiamo, per ora, azzardare due ipotesi:
1 Il recensore non è prevenuto. E' davvero, onestamente totalmente inorridito da qualcosa a cui ha assistito. Ha visto e/o udito veramente la cosa più orribile della sua vita, ha inaspettatamente vissuto il peggiore incubo dell'intera sua esistenza. Naturalmente, questa esperienza sconvolge e disconnette qualunque relazione con concetti quali: educazione, amor proprio, dubbio, raziocinio, civiltà.
Tutti gli orifizi contemporaneamente si rilassano e non trattengono. Si verifica un fenomeno di involontaria esplosione di trogloditismo. Il recensore va compatito.
2 Anche in questo secondo caso il recensore non è prevenuto. Ma la costante e stressantissima attività di costruzione e mantenimento di rapporti, scambi, favori, amicizie, insomma la dura lotta quotidiana per la costruzione e la conservazione del proprio piccolo potere personale, crea nell'organismo, livide sacche di malcelate bili.
Non appena il soggetto si imbatte in qualche artista solitario, la cui lingua non si è ancora degnata, e mai si degnerà di leccargli le suole, una volta assodato che la distruzione del suddetto artista non gli arrecherà danno alcuno, darà senz'altro fuoco alle polveri. Si tratta di medicina catartica, necessaria alla purificazione, allo svuotamento di bubboni purulenti che, se esplosi, potrebbero macchiar costosi vestiti nuovi. Anche in questo caso il recensore va compatito.
Conclusione: Il recensore che cede al torbido piacere della distruzione va sempre compatito, poiché non sa che con la violenza delle sue perdite intellettuali, ottiene sul lettore dabbene, l'effetto contrario al voluto.
Ma andrebbe fatta un'ultima considerazione: quando, con il tuo lavoro provochi reazioni tanto vergognosamente scomposte nel Re-censore, forse qualcosa di buono nel tuo lavoro c'è.
Dunque, caro artista della scena, ricorda sempre che non sta scritto da nessuna parte che le tue mani, i tuoi piedi e le sorti tue tutte, sono incatenate alla recensione. Tu e il critico vi occupate di due cose sostanzialmente diverse. Tu ti occupi di teatro, lui emette giudizi. Ricordati sempre che un artista non ha da riconoscer tribunali, né da considerar sentenze, siano esse di condanna come di assoluzione.
Ricorda inoltre che un critico non può offrire "spunti di riflessione" sul tuo lavoro (dal momento che qualunque critico si occupa solo occasionalmente del tuo lavoro, mentre tu te ne occupi per l'intera tua vita).
Dovrebbe piuttosto suggerirti nuove possibilità di studio, ma questa è faccenda complessa, che richiede menti aperte e pure (caso questo, vieppiù rarissimo).