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Canovaccio

In difesa del canovaccio.

 

Attenzione: è l'attore che in me parla, quindi forse è voce di squilibrato.

 

C'è una questione che viene sempre sottaciuta, sfiorata quando si parla di drammaturgia.
Sfiorata, lambita, allusa, tipo d'accordo lo sappiamo vabbè, ma a che vale parlarne?
Forse è così, forse non vale parlarne, ma intorno all' affaire pubblicabilità due parole due, vorrei spenderle.
Dico pubblicabilità e mi rendo conto che è parola ambigua che forse vuol dire qualcosa di diverso da quel che io intendo.
Provo a dire quel che intendo.
Quand'è che un testo scritto per la scena è pubblicabile?
Quando il lettore ne può trarre godimento. Può trarre godimento della lettura. Può figurarsi, leggendo, situazioni e personaggi, può capire l'argomento, la storia, può addirittura sentire l'intonazione delle battute tanto che può pensar di recitarle lui stesso, se non (apoteosis final) di metterlo in scena come regista.
Un testo che presenti queste caratteristiche è pubblicabile, anzi più che pubblicabile, è proprio un libro da leggere, ma come tutti sappiamo, le parole per la scena devono essere dette e non lette.
Questa piccola differenza (un semplice cambio di consonante) è una fregatura perché fa sembrare questo concetto poco più di una boutade, un gioco di parole, mentre invece l'abisso che separa le due attitudini (leggere nella propria cameretta e recitare in scena) è di dimensione semplicemente incolmabile.

Quanto più le parole sono incollate e pesano sulla pagina tanto più sarà arduo il compito del povero attore pensante.
Le parole per la scena, trovano sulla pagina bianca alloggio temporaneo.

Ma dovrebbero scivolarvi, scendervi lievi e non precipitarvi come dei macigni, come dei mausolei dell'indicibile.

La carta dovrebbe riceverne solo l'ombra.
Dunque, quanto più le parole sapranno sfiorare la carta, quanto meno peseranno di letteratura, tanto più facile sarà per un attore staccarle e rivestirle di nuova e viva poesia, la poesia della scena (luogo per cui sono state concepite).

 

La pagina è bianca e l'inchiostro è nero.
Uno degli elementi (il più importante, una volta terminata l'azione) che danno valore ad un'opera di sho-do (la via della calligrafia giapponese) è il bilanciamento ed il rapporto formale che c'è tra le parti bianche e le parti nere del foglio.

 

Ecco, diciamo che per "pubblicabile" intendo un foglio dove le parti nere prevaricano in maniera imbarazzante le parti bianche.
Chi scrive per la scena dovrebbe bilanciare bianco e nero e (dal momento che Deleuze mi ha detto che per nuovi concetti ci vogliono parole nuove anche se difficili da dire),  dovrebbe lavorare alla "depubblicabilità" del suo testo e tendere il più possibile verso  il bianco.

Io, che parlo da attore, vorrei persino che esagerasse e che arrivasse a questo:


                                                               
                                         TITOLO


                                          (Lazzi)

                                                               
                                           FINE

 

 

Per concludere.
(Tutto sto citar Lehmann mi fa venir voglia di citarlo anch'io, vedete come funziona il contagio?):

 

[...] Ci può essere un teatro post-drammatico con testi drammatici e [...], viceversa, si possono inscenare testi post-drammatici in una maniera molto classica. Una struttura testuale non dà mai alcuna garanzia circa la sua realizzazione scenica.

 

(Lui parla di post-drammatico, ma voi sapete che Claudienko trova questa definizione un po' di comodo, lui preferisce dire neo-naturalismo , con tutti i fastidi che questo può procurare)
Ecco, mi pare che quel che dice Lehmann faccia un po' il paio con quel che dice Claudienko (che ha sicuramente sentito dire da qualcun' altro):
 

Il teatro è forza trasversale che può accadere o non accadere all'interno di qualunque forma o linguaggio scenico (apparato)

 

Ma tutto ciò non  vuol forse dire che pagina e scena son cose lontane? Non vuol forse dire che ci sono i testi e poi c'è la drammaturgia e che non sono esattamente la stessa cosa?
 

 

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