Buio e silenzio
Chi fa le leggi non vuole il teatro.
Chi conduce (conducator) propina spettacolo.
Panem et circenses. Un bello spettacolo, che si capisca, che non faccia pensare troppo, che gratifichi, che soddisfi le aspettative.
Che ti faccia anche sentire un po’ intelligente, che ti lasci la sensazione di aver fatto il dovuto dovere nei confronti di sta benedetta cultura (che palle!).
Dunque, banditi buio e silenzio, portatori d’anomalia, di incertezza, condizione pericolosamente destabilizzante.
Buio e silenzio preludono a “panico” e panico è pericoloso, sconveniente, non è morale.
Se il panico vince è segno che si sta perdendo il potere.
Il poter del tranquillizzare, del mentire, del convincere, del carpir fiducie. Il potere, insomma.
Allora è meglio che “la gente” affondi e crepi tranquillizzata. Anestesia, meglio se totale.
Diciamo che il buio, o qualcosa che gli somigli lo si potrebbe anche avere, ma a questa pericolosa eventualità si è provveduto “per legge”.
Con le USCITE DI SICUREZZA.
Ma il vero punto dolente è l’impossibilità del silenzio. Qualcuno mi disse quando ero bimbetto, (forse la voce di un uccellino scienziato) che il buio vero ed il silenzio vero, solo da morti! E Cage era ancora lì da venire!
Vediamo ora quali sono i rumori più molesti e frequenti che aggrediscono e distruggono il lavoro degli attori:
1 La sala dove si lavora è attigua ad una strada di gran traffico. Motorini ed ambulanze la fanno da padroni. Siete sconfitti.
2 La sala è in prossimità di un campanile che batte ore e quarti. Il giochino di fermarvi, contare i battiti e poi riprendere può funzionare un paio di volte, dalla terza volta in poi diventate più fastidiosi voi del campanile. Sconfitti. Nulla si può contro il clero.
3 La sala è quella di un teatro all’italiana. Questo è un triste caso di equivoco sempiterno. Prima di tutto vi è l’elemento architettonico. Un luogo zeppo di porte e balconi, corridoi e recessi non può che essere rumoroso. Le porte si aprono e si chiudono, luci e persone entrano ed escono.
Lungo i corridoi laterali della platea c’è sempre qualcuno che passeggia e non è dato capire chi sia e dove vada. Poi c’è il boccascena.
E’ incredibile come quel leggero accenno di parete faccia si che quella parete (la quarta) esista veramente. Una bella parete massiccia ed impenetrabile innalzata tra palcoscenico e platea fa si che sul palco e in sala si svolgano due attività completamente indipendenti. Chi sta in sala è convinto di essere invisibile ed inudibile e dunque, come quando si trova a casa propria, si fa gli affari suoi senza neanche lontanamente immaginare quanto sia di disturbo per chi lavora in scena, il quale peraltro, concepisce il lavoro come una specie di maratona sportiva dove quel che conta è giungere al traguardo, qualunque cosa succeda.
E poi ci sono gli acari. Credo, che si tratti di acari. Voglio dire, quelle malsane poltroncine di malsano velluto rosso, imbottite di polveri centenarie. Provocano continuati ed inarrestabili attacchi di tosse anche a chi, fino ad un attimo prima di entrare in sala godeva di ottima salute. Sconfitti. Inevitabilmente!
Ma… avete presente quando, con lo sguardo all’orizzonte provi ad osare una tesa, profonda e pericolosa pausa e “non senti volare una mosca”? Ecco.
Direi così : quando “non si sente volare una mosca”, quello è il silenzio.
V.Claudienko