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Lo spazio piccolo

Nonostante "teatro" e "spettacolo" non si possano nettamente separare (motivo per cui alcuni non considerano il teatro come arte pura), esistono tuttavia tra le due sostanze, differenze profonde.

Differenze che non riguardane né le forme, né i linguaggi, né i contenuti.

Si tratta di due concetti differenti. Sono due modi diversi di intendere il lavoro di scena. Sono due concezioni del mondo.

L'uno si occupa di inventare forme, l'altro di catturare forze.

 

Lo spettacolo tende a stabilire una relazione formale tra tutti gli elementi (visivi e sonori) che abitano lo spazio scenico, sia che esso si presenti sotto forma di intrattenimento, sia che tenda verso una dimensione più "impegnata", più di "contenuto".

 

Il teatro, per contro, tende a stabilire una relazione (ritmico-spirituale) tra le persone sulla scena e di conseguenza, tra tutte le persone presenti alla riunione. L'eventuale accadimento del teatro non può non passare attraverso il rapporto umano.

 

Il funzionamento di un apparato spettacolare, se sufficientemente robusto, non teme disturbi ed intrusioni ed è "garantibile" al 99 per cento (poiché qualche imprevisto può sempre capitare).

 

Invece la cattura di "forze" teatrali è impresa fortemente aleatoria, non garantibile, fragile, che richiede alcuni accorgimenti di ordine tecnico: uno spazio piccolo, raccolto, protetto, quasi intimo, che possa usufruire del dono del buio e del silenzio e la presenza discreta di un pubblico solidale, che si raccolga a sostegno del tentativo degli attori.

Un pubblico di dimensioni ridotte (numericamente adeguato allo spazio che lo contiene), un pubblico che "desideri" la stessa cosa che gli attori desiderano e cioè che il teatro "accada", fresco e vivo, anche solo per un attimo e che tutti insieme, di quell'attimo se ne faccia esperienza e se ne conservi il ricordo.

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